Si è tenuto lunedì 16 giugno, l’incontro promosso dall’Associazione degli Amici dell’Università di Padova per presentare il libro Capitalismo di Guerra: Perché viviamo già dentro un conflitto globale permanente (e come uscirne), scritto da Alberto Saravalle e Carlo Stagnaro (Marsilio, 2024). Un’occasione di confronto sui profondi cambiamenti in atto nell’economia globale e sulle ricadute per le imprese, in particolare sulle piccole e medie imprese italiane.
L’incontro si è aperto con i saluti istituzionali di Anna Soatto, avvocato, consigliera dell’Associazione degli Amici dell’Università di Padova e partner Cortellazzo&Soatto, che ha sottolineato l’importanza di “non essere solo spettatori” e ha presentato il libro come un’occasione per “comprendere dove siamo ma anche dove potremmo andare.”
Fabio Buttignon, professore ordinario di Finanza Aziendale all’Università di Padova, ha offerto una lettura chiara e lucida del contesto economico attuale, segnato da conflitti armati e guerre commerciali. Il libro Capitalismo di Guerra rappresenta “un contributo importante che aiuta a mappare cosa sta succedendo, le cause profonde che hanno portato a questo e apprendere possibili scenari futuri”. In particolare, il docente ha evidenziato come questo scenario influisca sulle imprese venete, chiamate oggi a rispondere a una crescente incertezza e tensione globale.
Una risposta possibile? Maggiore resilienza strategica: “Non si tratta solo di sopravvivere – ha dichiarato – ma di cogliere nuove opportunità, entrare in filiere nazionali e internazionali, sfruttare i fondi pubblici e posizionarsi come partner affidabili in tempo di instabilità. Allo stesso tempo è necessario continuare ad investire nel cambiamento e anche in tempi di crisi.”
Il cuore dell’evento è stato la presentazione del libro, con la partecipazione dell’autore, Alberto Saravalle, professore di Diritto dell’Unione europea all’Università di Padova, in dialogo con Alessandro Russello, Direttore del Corriere del Veneto.
Alberto Saravalle ha definito il capitalismo di guerra come
“un insieme di politiche economiche che aumentano la conflittualità, rafforzando l’apparato economico nazionale sia attraverso interventi interni, sia con scelte di politica estera, come la differenziazione delle forniture.”
Un processo che, ha spiegato, rischia di essere controproducente: “Ci mettiamo in assetto di economia di guerra, ma facendolo aumentiamo la conflittualità e rischiamo di creare una profezia che si autoavvera”. Durante la conversazione si è discusso anche del ruolo delle materie prime, della transizione ecologica, della crisi di istituzioni internazionali come NATO e ONU, del pericolo dei sovranismi e del valore della globalizzazione.
L’incontro ha rappresentato un’occasione preziosa di riflessione per studenti, alumni, professionisti e cittadini, offrendo strumenti per interpretare un presente complesso e immaginare traiettorie future più consapevoli.
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Credits: Massimo Pistore
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